Sono passati 3 anni da quando ho cominciato il mio corso al Tennis Rozzano e quel giorno ancora lo ricordo: ero emozionatissima, piena di energia e con tanta voglia di imparare. Dopo ogni allenamento lasciavo il campo con la sensazione che il tempo fosse volato e tornavo a casa sempre felice. Andando avanti con gli allenamenti e aumentando la frequenza delle ore in campo, il desiderio di miglioramento cresceva e mi rendevo conto che nascevano in me una serie di domande, di interrogativi che con il tennis avevano poco a che fare o almeno a me così sembrava.
Adesso penso di essere stata davvero fortunata perché quello era proprio il contesto culturale e umano ideale per intraprendere il mio viaggio. Il tennis è uno strano sport, ti coinvolge mentalmente, ti mette davanti a te stesso e ti obbliga in qualche modo a crescere, a cambiare… sempre se accetti la sfida! Dal 1999 lavoro per curare il disagio psichico usando diverse tecniche mirate al controllo dei processi interni: il self-talk (l’auto dialogo interno), il dialogo socratico, le esperienze correttive e la ristrutturazione cognitiva (una tecnica caratterizzata dal tentativo, attraverso il disputing – confronto verbale tra paziente e terapeuta – di modificare i pensieri del paziente considerati disfunzionali). Tecniche menzionate nel capitolo 7 del libro Emotions di Amanda Gesualdi, tra quelle maggiormente proposte dagli gli psicologi sportivi per migliorare le performance degli atleti. Queste tecniche ho cominciato ad applicarle anche su di me, per amore del tennis, per imparare a gestire le emozioni negative che limitano le mie prestazioni influenzandomi nella concentrazione e nella fiducia in me stessa.
Applicare la teoria in campo non è proprio semplicissimo: avvolta dal silenzio, con il suono della pallina come sottofondo, sono solo io e i miei fantasmi. All’inizio di questo viaggio il sentiero era tortuoso ed impervio; si alternavano momenti di gioia ad altri di grande sconforto, momenti di rabbia ad altri di totale confusione. Spesso mi rivolgevo alle allenatrici e alla Coach per avere un feedback che mi guidasse, ed immancabilmente, la risposta che arrivava non era quella che mi aspettavo: ricevevo stimoli non risposte.
Questa modalità mi ha mandato in tilt: non è così che funziona nell’insegnamento classico! Spesso ero frustrata. Successivamente mi sono affidata a chi mi stava guidando e ora quel sentiero non mi sembra più così ripido e invalicabile. Ora sto imparando a mettermi in gioco lavorando sul mio dialogo interno. Quel dialogo silente puramente mentale solitamente percepito come la nostra stessa voce. A quanto pare ognuno di noi rivolge a se stesso dalle 150 alle 300 parole al minuto, arrivando a circa 51.000 parole al giorno. Alcuni localizzano la propria voce nella testa altri nel cuore. Nella maggioranza dei casi, i nostri dialoghi interni sono del tutto innocui, ma ve ne sono altri che possono condizionare, nel bene e nel male, le nostre azioni, e gli atleti non fanno eccezione. In ambito sportivo, i pensieri che spuntano nella mente possono influenzare positivamente o negativamente la prestazione. È quindi opportuno tenere sotto controllo e monitorare il dialogo che rivolgiamo a noi stessi.
Sto lavorando per modificare il mio modo di pensare per raggiungere i miei obiettivi in campo nel tentativo di reagire sempre in maniera positiva. Sto imparando a concentrarmi su ciò che causa gli errori senza farmi sopraffare dalle emozioni negative che possono derivarne. Seguendo questa nuova prospettiva l’errore rappresenta uno step necessario per migliorare. Mi sento positiva e ottimista per il futuro: anche se c’è tanta strada ancora da fare e non splenderà sempre il sole, sono circondata da tante bellissime persone che come me amano il tennis!
Loredana Lovisetto
Psicologa e Psicoterapeuta, Atleta