Lo sport è un grande strumento di evoluzione perché ci mette di fronte alle nostre debolezze, limiti, paure, in poche parole ci fa da specchio. Quello che riusciamo a vedere di noi durante una prestazione sportiva è così violento e diretto da sconvolgerci e indurci a rimettere in discussione l’idea che abbiamo di noi stessi. Spesso la conclusione è: “questo sport non fa per me”. In realtà quello che ci succede durante la competizione è esattamente quello che accade durante le nostre normalissime giornate, solo che in quest’ultimo caso è più difficile notare ciò che ci “muove” nel profondo.
Qui di seguito riportiamo le più frequenti paure e ansie che si verificano durante una competizione: paura di vincere, paura di perdere, paura del giudizio, ansia da prestazione, aggressività eccessiva, non presenza, disorientamento, confusione, scarsa fiducia, pessimismo, rassegnazione, intolleranza, impazienza, superficialità, indecisione, autolesionismo, bisogno di riconoscimento, insicurezza, controllo, paura di perdere il controllo.
Le paure, quindi, non si riferiscono all’atleta-tennista, ma all’atleta-persona. Le ansie in cui più facilmente ci riconosciamo sono spesso quelle che abbiamo in qualche modo già elaborato; le paure più profonde non sono conscie ma inconscie, quelle che ci agiscono e ci fanno soffrire. La sofferenza nasce proprio dalla incomprensione (spesso polare alla saggezza). Per poter elaborare paure così profonde bisogna avvalersi di strumenti che non seguono la via della mente (ego), ma la via della Psiche (inconscio). In tal senso le Discipline Bio Naturali come Meditazione, Reiki, Kinesiologia, Floriterapia, ecc., sono in grado di darci un grandissimo contributo terapeutico. La floriterapia, ad esempio, è nata proprio dallo studio della psiche e si basa sulla creazione di rimedi vibrazionali che hanno la capacità di agire nel profondo, quel profondo che siamo in grado di iniziare ad elaborare. I rimedi floreali sono degli eccezionali integratori psico-fisici in quanto ciò che ci fa perdere forza o energia durante una prestazione è proprio il conflitto psichico che si riversa sul corpo. Andando ad equilibrare la “zona” di conflitto, il corpo risponderà in modo più proattivo, coordinato, energetico. I rimedi possono essere presi durante la giornata e/o durante la gara e/o allenamento, a seconda della necessità. Personalmente utilizzo tali strumenti sia nel Coaching di gruppo che individuale.
Breve analisi delle Paure
La paura di vincere può sembrare assurda in quanto se uno si allena ed investe soldi ed energie per ottenere il risultato, è incredibile che se lo possa far sfuggire quando questo è alla portata. In realtà a livello inconscio questa paura è molto profonda e si sviluppa in modo sottile. Innanzitutto bisogna comprendere cosa succede se vinco, cosa può accadere da averne così timore. Ad esempio, vincere può cambiare gli equilibri familiari (immaginate i ruoli stereotipati di mamma, papà, fratelli ecc.), vincere può significare prendermi la responsabilità della vita, diventare grande, uscire dal “nido”, varcare la soglia, cambiare, andare verso il “nuovo” e “l’ignoto”. Vincere vuol dire diventare consapevoli del proprio potere interiore. Vincere, in altre parole, può condurre una serie di cambiamenti vicendevoli che possono sconvolgere la vita. Sulla paura di vincere si posano i sistemi educativi, gli schemi mentali rigidi, a volte dei loop non risolti che vengono proiettati su situazioni nuove. Vincere è archetipicamente la strada dell’eroe; l’eroe per poter diventare tale deve permettersi di lasciare il modello familiare condizionante, liberarsi da tutti i fardelli, smettere di vivere la vita di mamma e papà, per iniziare il suo unico ed irripetibile viaggio. A tutto questo si aggiungono i falsi modelli di oggi. Le illusioni e i miti stereotipati, a tratti deprivanti (ci dicono come dovremmo essere, quanto dovremmo pesare, come sarebbe utile apparire, ecc.) sono altri esempi di zavorre che pian piano il nostro eroe dovrà lasciar andare per scoprire dentro di sé i modelli da seguire.
La paura di perdere è solo apparentemente una tra le paure più frequenti. In realtà a volte si ha da perdere di più vincendo! Genitori, parenti e amici spesso ci preferiscono “perdente”, diciamo “alla loro portata”, inconsciamente ci chiedono di perdere. Perdere può voler dire essere riconosciuto, accettato, amato. Quello che ci terrorizza di più non è perdere una partita, ma ciò che ci proiettiamo!
La paura del giudizio. Questa paura ci fa sentire giudicati perché proiettiamo sugli altri il nostro giudice interiore, quello che Freud denominò Super-Io. Il nostro giudice è tanto più severo quanto lo sono stati i sistemi educativi ricevuti, oppure diametralmente all’opposto il Super-Io si è rinforzato, per compensazione, in un ambiente privo di regole e riferimenti. Il giudizio incombe su ogni azione compiuta e traccia responsi tali per cui diventa invalidante proseguire in equilibrio psico-fisico. Questa paura può portare a vie di fuga come: il rifiuto della lotta, la paura di mettersi in gioco, l’apatia, la non presenza, l’autolesionismo, ecc.
L’ansia da prestazione può presentarsi come sintomo delle paure sopra descritte oppure come “malattia”. L’ansia si verifica perché temo qualcosa oppure perché le aspettative inconsce sono così alte da sentirmi schiacciare. In questo caso è molto utile formulare degli obiettivi performance e distaccarsi dal risultato; comprendere che il risultato è la conseguenza di una buona prestazione e non il contrario. Spesso questa forma di ansia si verifica perché l’idea che abbiamo di noi stessi non è conforme alla realtà (sub-p isterica), pensiamo che tutto dipenda da noi; oppure archetipicamente il nostro Innocente non accetta la “caduta” e quindi l’eventuale sconfitta.
Bisogno di riconoscimento. E’ il bisogno più forte che abbiamo per farci strada e per essere notati. Questo bisogno nasce fin dai primi anni di vita, ed è qualcosa che si crea per andare a sanare una ferita profonda nella psiche. Per alcuni di noi i bisogni possono essere anche amore o sopravvivenza, resta comunque il fatto che questi bisogni urlano per essere soddisfatti. Quando siamo piccoli i genitori rappresentano degli Dei dai quali dipende la nostra sopravvivenza non solo fisica ma soprattutto psichica. Nel momento in cui viene a crearsi una ferita, noi passeremo gran parte della nostra vita inconscia, a proiettare su tutte le figure di riferimento i genitori dai quali cerchiamo, da sempre, di ottenere il riconoscimento che ci serve per appagarci. Questo processo non porterà la soluzione perché nessuno può darci ciò che cerchiamo! Il percorso di guarigione prevede che l’atleta cominci a prendere consapevolezza di questo bisogno ed inizi egli stesso a soddisfarlo andando sempre più in profondità nei nuclei del Sé, al fine di darsi riconoscimento e amore. Questo viaggio difficilmente viene compiuto con successo da soli, in quanto abbisogna il corretto sostegno psichico.
Aggressività eccessiva / controllo / paura di perdere il controllo. Quando pensiamo all’aggressività banalmente immaginiamo qualcuno aggressivo, invece le persone apparentemente più calme sovente nascondono una forte aggressività in ombra gestita da un massiccio controllo. I sistemi educativi ci fanno arrivare come è “bene” comportarci tralasciando il fatto che l’energia della rabbia o dell’aggressività non è distruttibile. Essa deve potersi sfogare ed ecco che può trasformarsi in varie forme di autolesionismo come ad esempio “perdere”. E’ importante portare alla luce la propria aggressività in modo da poterci lavorare e farle trovare un sano modo di scaricarsi. Riconoscere le sottili forme aggressive ci conduce ad utilizzare l’energia repressa, evolvendola nel gioco.
Non presenza / disorientamento / confusione, sono sintomi delle paure sopra elencate. Rappresentano delle vie di fuga per non affrontare “il problema”. A volte la paura può divenire così invalidante da costringerci a “staccare la spina” per non sentire più nulla.
Scarsa fiducia / pessimismo / rassegnazione / autolesionismo / insicurezza / indecisione. Le paure e le ansie di cui diventiamo vittime ci conducono a lungo andare ad un atteggiamento di arrendevolezza o peggio di autolesionismo, e quest’ultimi faranno breccia nello stato di fiducia. La mancanza di fiducia in se stessi ha una matrice profonda ed inconscia che ha bisogno di un percorso di guarigione ben strutturato per poter essere portata alla luce.
Intolleranza / impazienza / superficialità. L’intolleranza e l’impazienza sono spesso polari alla superficialità. Anche qui ci troviamo di fronte a dei sintomi che ci governano rendendoci molto rigidi oppure un po’ “menefreghisti”. Siamo come una pentola a pressione che trova in questi sintomi le sue valvole di sfogo.
Il seguente articolo scritto da Amanda Gesualdi è stato pubblicato sul libro “Tennis Olistico” e sulla rivista online Tennis World (tradotto anche in inglese per Tennis World USA).