Aspettiamo questo torneo da mesi, tra infortuni e problemi sull’organizzazione last-minute, alla fine riusciamo a salire su un aereo direzione Casablanca. Per una volta avevo lasciato la prenotazione alberghiera alla mia compagna di avventure Sara Marcionni (conosciuta anche come il “Giaguaro di Rozzano”), non sapendo a cosa stavo andando incontro…
Arriviamo a Casablanca, stanche ma soprattutto entrambe non vedevamo l’ora di farci una doccia. Un ragazzo alla stazione ci dice “vista la tarda ora, ed essendo due donne, non chiedete indicazioni per strada”. Noi, seguendo il consiglio alla lettera come sempre, non appena scendiamo dal treno che portava alla stazione centrale, chiediamo subito al primo sconosciuto del luogo che gentilmente ci spiega come arrivare al nostro albergo. Nonostante le indicazioni, come previsto, ci perdiamo, ma il nostro gentile navigatore umano ci segue nell’ombra e ci accompagna direttamente all’albergo.
Ci siamo! Finalmente potevamo riposare per poi il giorno seguente andare a Rabat, dove si sarebbe svolto il torneo. Invece no, era tutto troppo facile così, meglio complicarsi la vita. Facciamo il check-in e ci accompagnano nella stanza. Vista la reception dell’Hotel inizio a sospettare qualcosa, ma ancora non mi esprimo, continuo a dare fiducia a Sara. Entriamo, mi guardo attorno e poi la fisso. Come sempre è bastato uno sguardo per internderci, forse spendere 15 euro a notte in Africa non è una cosa cosigliabile. Inizia la nostra avventura, così, tra polvere, batteri e umiltà totale. “Così si impara a sopravvivere” cit. Sara Marcionni. Andiamo a dormire, senza lavarci (non era una cosa fattibile senza prendersi qualche strana malattia) e vestite senza scoprire nemmeno le orecchie. Finalmente arriva la luce, salutiamo l’Hotel stellato e ci dirigiamo verso Rabat.
Arriviamo e stavolta era tutto nella norma, finalmente potevamo fare la sospirata doccia. Ci dirigiamo verso il Club Wifaq, che si trovava a circa 15minuti di taxi (nel quale per una settimana ogni viaggio è stata un’impresa arrivare vive) e ci facciamo subito riconoscere grazie alla nostra padronanza delle lingue (piemontese e dialetto valtellinese). Passiamo due giorni ad allenarci e ad abituarci al cambiamento climatico, per poi giocare io il primo match di qualificazione mentre Sara era già in tabellone.. Che bello abbronzarsi a Natale!!
Vinco il turno ed entro in tabellone. Il giorno dopo giocavamo entrambe. Esce il Tabellone del Doppio e siamo la testa di serie n.2. Non ci credevamo nemmeno noi, volevamo fare bene nonostante io arrivassi da un infortunio. Vinciamo entrambe il primo turno di tabellone in singolo e siamo pronte per il nostro “Doppio Varietà”. Il primo turno è sempre difficile, nonostante il nostro affiatamento trovare il giusto equilibrio tra due caratteri forti ma tanto diversi non è mai facile. Dopo una lotta pazzesca, tra alti e bassi riusciamo a portare a casa la vittoria. Gioia infinita!! Ed essendo avanti di un turno, approdiamo in semifinale, dove dobbiamo affrontare due avversarie ostiche, ma la nostra concentrazione doveva anche essere gestita al meglio nel singolo. Sara doveva incontrare la testa di serie n.8 del tabellone, ed io la n.1.
Un po’ tese entrambe, ci facciamo un in bocca al lupo (viva il lupo!) entriamo in campo. Cerchiamo di dare il massimo come sempre ma non va bene come si sperava, giocando contro due giocatrici di ottimo livello è stata comunque una grande esperienza… Tutto serve! A questo punto ci concentriamo sul doppio. Ci tenevamo troppo a fare bene, era la mia prima semifinale in un 10.000 dollari, eravamo cariche. Entriamo in campo e iniziamo a giocare, era una di quelle giornate dove non serviva nemmeno parlarci per capirci. Bastava dire un semplice “vamos!”. Si vola in Finale. Scrivendo questo articolo ancora non mi sembra vero, ho le lacrime agli occhi. Festeggiamo la vittoria con un bel the caldo dal nostro amato Mr. Brochettes, un signore del posto che aveva un ristorante accanto al nostro Hotel, ed era un grande ammiratore di Sara (lei dovunque andiamo fa strage di cuori, sarà il fascino di Sondrio..) Andiamo a dormire agitate, il giorno dopo avevamo la prima Finale di un ITF insieme. Era un grande giorno!
Arriva la mattina, ci siamo, era il momento di scendere in campo e dare tutto. Ma non era come il giorno prima, un po’ la tensione, un po’ la stanchezza mentale, ci blocchiamo e non riusciamo a trovare le giuste soluzioni per fare bene. Ci capiamo poco e le nostre avversarie riuscivano sempre a fare la cosa giusta al momento giusto. Eravamo spiazzate! La partita va via veloce, senza avere il tempo di “entrarci”. Addio sogni di gloria… Ci abbracciamo, diamo la mano e ci complimentiamo con le nostre avversarie. Da un lato deluse dalla prestazione dall’altro arrabbiate per non essere riuscite a dare il massimo, andiamo nello spogliatoio.mAppena entrate ci guardiamo e diciamo: ”Cavolo, abbiamo fatto Finale! Non pensavamo neanche di vincere un match!!”. E li ci torna subito il sorriso. Premiazione e via, si vola in aereoporto direzione casa.
Sinceramente, a prescindere dal risultato del torneo, penso sia stato uno dei Natali più belli di sempre! Passato a fare ciò che amo con una compagna di avventure che ormai è come se fosse parte della mia famiglia. Ti voglio bene socia!!
Jessica Bertoldo
Nella foto sopra, a sinistra Jessica Bertoldo e a destra Sara Marcionni